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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
Questo mese, 05-04-2024
La zona d'interesse
Martin Amis

"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-02-2024
Il libro delle sorelle
Amélie Nothomb

"Tu che adori la letteratura non hai voglia di scrivere? - Adoro anche il vino, ma non per questo ho voglia di coltivare la vigna."

Akribia


Don Chisciotte
Oltre un mese fa, 23-10-2023
Il delta di Venere
Anaïs Nin

Ma è terribile! Com'è possibile che sia considerato un classico della letteratura erotica?

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Ruta Sepetys

Avevano spento anche la luna

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (2)
Inserito il 17-05-2019 da Michela L.
Aggiornato il 17-05-2019 da Michela L.
Disponibile in 2 librerie
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Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme a molti altri scrittori, professori, dottori e alle loro famiglie. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. È l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi. Lina si batte per la propria vita, decisa a non consegnare la sua paura alle guardie, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onererà per mezzo dell'arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia. Ispirato a una storia vera, Avevano spento anche la luna spezza il silenzio su uno dei più terribili genocidi della storia, le deportazioni dai paesi baltici nei gulag staliniani. Venduto in ventotto paesi, appena uscito in America è balzato in testa alle classifiche del «New York Times». Definito all'unanimità da librai, lettori, giornalisti e insegnanti un romanzo importante e potente, racconta una storia unica e sconvolgente, che strappa il respiro e rivela la natura miracolosa dello spirito umano, capace di sopravvivere e continuare a lottare anche quando tutto è perso.

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Michela L.

È il 14 giugno 1941 quando gli agenti dell’NKVD, la polizia segreta sovietica, irrompono nella tranquillità domestica della protagonista Lina Vilkas e della sua famiglia: “Mi portarono via in camicia da notte” è la prima cosa che ci fa sapere, proprio a sottolineare l’intimità violata senza alcun pudore e la mancanza di rispetto per l’individualità delle persone.
Comincia così un terribile viaggio verso l’annullamento della dignità umana, quando l’odio e l’indifferenza arrivano a corrompere e imputridire gli animi dei carnefici e inevitabilmente anche delle vittime.
Nel 1940, l’Unione Sovietica, sotto la guida di Stalin, occupò Lettonia, Lituania ed Estonia. I paesi baltici vennero annessi all’URSS repentinamente, senza che avessero la possibilità di opporsi in alcun modo. Moltissime persone che vennero ritenute potenzialmente pericolose vennero uccise o deportate insieme alle loro famiglie: la quindicenne Lina Vilkas è l’immaginaria portavoce di quel popolo che per tanto tempo è stato ignorato dal mondo.
La nostra protagonista capisce ben presto che dovrà essere forte e tenace, solo così avrà qualche speranza di non soccombere alle brutture che la attendono, che non sono fatte solo di fame, malattie e morte ma anche e soprattutto da continue umiliazioni.
Non si può che provare simpatia per questa giovane donna che si ritrova a fare i conti con la furia persecutrice di Stalin. Certamente sarebbe potuta diventare una famosa artista, vista la passione per la pittura pre-espressionista di Munch, suo modello artistico, non solo ispiratore di arte ma anche di una certa visione nuda e cruda della vita. Ama i libri, infatti porta con se Il circolo pickwick di Dickens e durante la prigionia impara il russo grazie a un altro libro dello stesso autore Dombey e Figlio: da lettrice mi piace pensare che forse un po’ della sua saggezza l’ha presa da loro, chissà!!
Quando non è costretta a lavorare disegna, documenta tutto a rischio della vita, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onorerà per mezzo dell’arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia. È l’unico modo per sperare di salvarsi, per salvare la propria mente e se vogliamo la propria anima.
Unico tasto dolente di questa lettura è stato il finale: decisamente troppo cinematografico, peccato!

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Anita Rudcliff


ho finito di leggere "Avevano spento anche la luna"di Ruta Sepetis... mi ha fatto commuovere non tanto la quantità di privazioni alla quale queste persone furono costrette, piuttosto che i gravi lutti , le umilazioni e le angherie che dovettero subire...quanto il coraggio, l altruismo , la generosità e la pietà di alcuni(tanti)di loro , in un ambiente ostile che avrebbe fatto diventare lupo qualsiasi agnello ,e che avrebbe spento la speranza anche nei cuori più ardenti ...questo romanzo vuole raccontare una storia triste, nella quale ogni lituano , estone o lettone , anzi chiunque abbia vissuto e sia sopravvissuto alla deportazione possa rispecchiarsi, e ricordare al mondo che i sovietici di Stalin hanno cercato di piegare la loro volontà in tutti i modi possibili, ma è con l amore, il coraggio e la perseveranza che queste genti sono riuscite a ritrovare la luce dopo i lunghi inverni in Siberia ...non è solo un libro di denuncia, o un modo per ricordare quei morti , ma è anche una lezione di vita ...
La figura di un carceriere, uno dei tanti, che era anch egli prigioniero insieme ai suoi stessi "detenuti",e soffriva in quel ruolo di aguzzino ,mi fa sperare che il male non possa mai essere assoluto , ma che sicuramente il dolore sia sempre bilaterale , qualsiasi guerra si combatta ...e le sue lacrime, per me che leggevo , sono state le più dolorose..
Libro bellissimo, da leggere tutto d un fiato...

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Editore: Garzanti

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 299

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8811133203

ISBN-13: 9788811133209

Data di pubblicazione: 2011

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Comincia così un terribile viaggio verso l’annullamento della dignità umana, quando l’odio e l’indifferenza arrivano a corrompere e imputridire gli animi dei carnefici e inevitabilmente anche delle vittime.
Nel 1940, l’Unione Sovietica, sotto la guida di Stalin, occupò Lettonia, Lituania ed Estonia. I paesi baltici vennero annessi all’URSS repentinamente, senza che avessero la possibilità di opporsi in alcun modo. Moltissime persone che vennero ritenute potenzialmente pericolose vennero uccise o deportate insieme alle loro famiglie: la quindicenne Lina Vilkas è l’immaginaria portavoce di quel popolo che per tanto tempo è stato ignorato dal mondo.
La nostra protagonista capisce ben presto che dovrà essere forte e tenace, solo così avrà qualche speranza di non soccombere alle brutture che la attendono, che non sono fatte solo di fame, malattie e morte ma anche e soprattutto da continue umiliazioni.
Non si può che provare simpatia per questa giovane donna che si ritrova a fare i conti con la furia persecutrice di Stalin. Certamente sarebbe potuta diventare una famosa artista, vista la passione per la pittura pre-espressionista di Munch, suo modello artistico, non solo ispiratore di arte ma anche di una certa visione nuda e cruda della vita. Ama i libri, infatti porta con se Il circolo pickwick di Dickens e durante la prigionia impara il russo grazie a un altro libro dello stesso autore Dombey e Figlio: da lettrice mi piace pensare che forse un po’ della sua saggezza l’ha presa da loro, chissà!!
Quando non è costretta a lavorare disegna, documenta tutto a rischio della vita, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onorerà per mezzo dell’arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia. È l’unico modo per sperare di salvarsi, per salvare la propria mente e se vogliamo la propria anima.
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La figura di un carceriere, uno dei tanti, che era anch egli prigioniero insieme ai suoi stessi "detenuti",e soffriva in quel ruolo di aguzzino ,mi fa sperare che il male non possa mai essere assoluto , ma che sicuramente il dolore sia sempre bilaterale , qualsiasi guerra si combatta ...e le sue lacrime, per me che leggevo , sono state le più dolorose..
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