Pubblicato il 30-11-2012
Sono tempi interessanti, amici e amiche. L'esperienza che stiamo vivendo come partecipanti al bando Che Fare per vincere i 100 mila euro messi in palio è straordinaria da molti punti di vista. Il primo punto è l'entusiasmo scatenato dalla competizione. Selezionati tra i 32 semifinalisti, in pochi giorni siamo arrivati in testa alla classifica dei cinque più votati grazie alla vostra forte mobilitazione, sia dal vivo che sui social network. Sappiamo che questo da solo non sarà sufficiente a vincere quei soldi: la giuria tecnica che deciderà l'assegnazione definitiva del premio terrà conto infatti anche di altri fattori, non ultimo la valutazione della sostenibilità economica del progetto. Senza i vostri voti però a quello stadio della sfida non ci arriveremo neanche: perciò continuate a insistere con gli amici fino al 13 gennaio perchè clicchino su quel dannato pulsante. Ma c'è di più.
Il secondo motivo di soddisfazione è il fatto che abbiamo ottenuto una vetrina importante per far conoscere Lìberos anche a quanti non ne avevano mai sentito parlare. Grazie alla piattaforma Timu stiamo rendendo noti immagini e contenuti che non avevamo mai avuto la possibilità di condividere. Per molti di voi, che hanno vissuto quegli incontri e potrebbero persino riconoscersi nelle foto, non saranno una novità, ma possono essere un modo per spiegare agli amici indecisi chi siamo e cosa facciamo. Nel peggiore dei casi ci votano e basta, nel migliore magari si fanno avanti e si uniscono a noi.
Il terzo motivo di soddisfazione è stato scoprire che in tutta Italia in questo momento molte realtà, anche estremamente diverse tra loro, si stanno organizzando per reagire culturalmente al declino sociale e politico in cui viviamo da anni. Sia chiaro che questa considerazione non è pelosamente politically correct: quei soldi speriamo di vincerli noi, perché servono alla Sardegna in un momento in cui nessuna istituzione è più capace di investire sulla progettualità della cultura come risorsa per il presente e per il futuro. Ma se non dovessimo vincerli, avremmo la certezza che comunque non andranno sprecati, perché di belle idee in quella ruota ce ne sono tante.
C'è un quarto motivo di soddisfazione su cui forse non abbiamo posto sufficientemente l'accento prima: c'è un'associazione che sta facendo un dono economico a un'idea e alle persone che la portano avanti. Che sta scegliendo quest'idea con criteri innovativi e trasparenti. Che sta rendendo pubblici i passaggi dell'assegnazione. Che sta motivando i partecipanti a coinvolgere la base intorno alle proprie scelte. Che alla fine si prenderà la responsabilità di premiare un solo progetto, perché di mettere 100mila euro in quello vale davvero la pena. Anche questo è un modello culturale, anzi per noi è come se Che Fare fosse il 33° progetto in gara, perché vara uno stile che non abbiamo mai visto applicare da nessuna istituzione che gestisca soldi pubblici per la cultura. Comunque vada, speriamo che questo modello ispiri chi ha in mano i denari pubblici a premiare la progettualità culturale senza uccidere le idee con la burocrazia e senza applicare la logica pilatesca del "un po' a tutti, niente a nessuno".
Non smettiamo di crederci: abbiamo un sacco di cose da fare con quei soldi!
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