Lìberos

I cinque illeggibili di Simona Tilocca

Pubblicato il 19-07-2012

Alla lista dei coraggiosi autori che fanno coming out sui libri che non sono riusciti a leggere si aggiunge anche Simona Tilocca, iglesiente di nascita, chedivide il suo tempo tra il Veneto, il Lazio e la Sardegna. Insegna Latino e materie letterarie, è un’ex kick-boxer plurimedagliata e resta un'appassionata subacquea. Nel 2006 è uscito il suo romanzo d’esordio Scuola di guerra (Zonza Editore). Tra il 2008 e il 2010 ha pubblicato due racconti per i Gialli Mondadori. Dotata di una carica umoristica naturale, scrive e collabora con numerosi giornali e riviste. Nel giugno 2010 ha pubblicato Oggi mangiamo fuori con la casa editrice Camelopardus, romanzo in cui unisce ottimo cibo, buoni libri e uomini così così.


Mi accomodo diligentemente sulla scia dell’evitare di sparare sulla Croce Rossa dell’editoria, della serie “ti piace vincere facile”.

Malina di Ingeborg Bachmann.
Lo confesso, sono stata fuorviata dal consiglio di un conoscente in cui avevo riposto ingenuamente la mia fiducia. Comunque:
uno) la Bachmann è stata astuta e ha stabilito di usare i lettori come terapisti; così, anziché pagarli, sono loro che pagano te;
due) il triangolo amoroso è un evergreen, ma come la maionese impazzisce in un amen, bisogna stare attenti; 
tre) perché imbarcarsi in un’impresa ad alto rischio come un adulterio se poi non te ne godi almeno gli aspetti godibili? Agitarsi scompostamente in preda all’angoscia esistenziale per 297 pagine non è quello che intendo per trama avvincente;
quattro) l’unico personaggio che accoglie i vivissimi sensi della mia comprensione e stima è Malina, il marito, perché non solo si ritrova come consorte un cataplasma  più le corna, ma viene anche gratificato dell’epiteto di assassino. Ingenuo. Guarda Nerone e impara. Non leggetelo se vi pervade una angoscia non passeggera o se siete comprensibilmente soddisfatti da una eventuale liaison fuori porta.

 


Il cimitero di Praga di Umberto Eco.
Ti avevamo agitato i serti di fiori dopo Il nome della Rosa, hai reso seducente un saio francescano (che mia nonna terziaria dal Cielo mi perdoni…) anche prima che ci finisse dentro Sean Connery, abbiamo citato la distinzione tra cretino, imbecille e matto dal Pendolo di Foucault ovunque, cene comprese, abbiamo ritagliato le pagine delle Bustine di Minerva e le abbiamo conservate con cura anche prima che tu fiutassi il business e facessi pubblicare i Diari Minimi, abbiamo sorvolato sulle successive cadute di tono, arrivando anche a considerare La misteriosa fiamma della regina Loana un libro. Potevi fermarti lì, e uscirne in bellezza. E invece hai voluto farci questo. Il nonno avrebbe dovuto affogare il giovane protagonista nella bagna cauda da bambino e poi magari tirarsi una revolverata, più o meno a pagina tre, e saremmo stati salvi, e tu avresti conservato la nostra stima. Guarda Camilleri.

Una tomba per Boris Davidovic di Danilo Kis. 
E’ stato a lungo uno dei miei “libri da toilette”; suppongo che ogni lettore che si dica tale ospiti, su apposita mensoletta,  anche nella stanza di decenza volumina e codices atti a stimolare e intrattenere l’astante, stanziale o passeggero.  Dai fumetti al quotidiano formato tabloid ci sta bene tutto. Io prediligo  quegli scritti che non mi fanno fare tardi al lavoro, che non catturano e, appunto, ispirano senza far perdere il senso del tempo e dello spazio. Ma questo, con una bella copertina originariamente color sangue rappreso, ha stazionato talmente tanto che è stato vittima di schizzi di bagnoschiuma,  traccianti di varechina, cerchi di caffelatte e roselline di dentifricio, sepolto dagli asciugamani umidi, mantecato di blush, idratato da oli essenziali all’Hibiscus e Cannella d’India, accartocciato dai vapori bollenti. Ora la copertina è arancione Twingo e non sono mai andata oltre pagina 40. Qualcosa vorrà pur dire.

Un cappello pieno di ciliegie di Oriana Fallaci.   
Mi dispiace tanto per il tuo male, è una brutta morte e lo so per certo; sono anche lieta che tu abbia avuto una nonna così interessante che ha sedotto persino uno molto molto importante in area pre e post Unitaria, credo Cavour o addirittura forse un Savoia (dal libro non si evince, ma si ventila di prede grosse), mia nonna, pensa, lavorava in miniera a Monteponi; ti siamo grati per aver portato una donna di alta professionalità in scenari dove caso mai  ad un’altra l’avrebbero lapidata, in passato. Nutro qualche perplessità sullo slancio altruistico del nipote che pubblica manoscritto postumo:  mia nipote non credo mi ami a tal segno. Per ciò che attiene alla trama vale quanto segue: è come per chi crede nelle reincarnazione: tutti sono stati Caterina la Grande, mai un semplice mugico. Tutti gli scrittori noti hanno avuto una famiglia  straordinariamente glamour e intrecciata a vari livelli con le Storie di ogni paese. Noi solo parenti normali, e il mio fidanzato fa il carabiniere, non l’eroe della resistenza ellenica, nessuna speranza per me di scriverci un libro su. Forse dovrei indagare sul passato delle mie bisnonne: hai visto mai….

Margaret Mazzantini, Non ti muovere.  
E non scrivere neanche. Per piacere.


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