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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
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Fernando Pessoa

Lettere alla fidanzata

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Recensioni (1)
Inserito il 13-05-2015 da gilberte
Aggiornato il 12-11-2022 da Maria Agostina
Disponibile in 4 librerie
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Aggiornato il 12-11-2022 da Maria Agostina
Disponibile in 4 librerie

Con una testimonianza di Ophélia Queiroz.

«Risposi a un annuncio del “Diário de Notícias”. Avevo diciannove anni, ero allegra, sveglia, indipendente e, contro la volontà dei miei familiari, decisi di trovare un impiego». Così Ophélia Queiroz si trovò a lavorare nello stesso ufficio di Fernando Pessoa. «Tutto cominciò con sguardi, bigliettini, messaggi che mi lasciava di soppiatto sulla scrivania». Ed era già il namoro, come si chiama in portoghese quel vago periodo che precede il fidanzamento ufficiale. Queste lettere testimonieranno la profonda, irriducibile irrealtà in cui Pessoa sapeva lasciar precipitare ogni evento della sua vita personale, come se già questa locuzione fosse per lui un’incongruità. E tale era. Tanto più preziose, tanto più insostituibili queste sue lettere alla fidanzata, che accettano subito di partecipare, «proprio come i veri grandi amori, del ridicolo e del sublime» (Tabucchi).

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Maria Agostina

 

 

Vecchioni che canta Pessoa che canta se stesso attraverso Campos ci aveva avvisato:

«le lettere d'amore

quando c'è l'amore,

per forza fanno ridere».

Ma non fanno solo ridere: mi son sentita Ophélia quando Fernando le ha scritto: «Naturalmente ti annoio»... sì, mi annoi! E non si tratta dell'ovvietà di cui parla Tabucchi (e lungi da me fare la detrattrice del grande poeta), ma della terribile noia che deriva dalla percezione che è un namoro irrealizzato e irrealizzabile, noioso perché fine a se stesso... i due, più gli etoronimi di Pessoa, mi hanno preso in giro.


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Editore: Adelphi

Lingua: Italiano

Numero di pagine: 124

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8845903044

ISBN-13: 9788845903045

Data di pubblicazione: 1988

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Con una testimonianza di Ophélia Queiroz.

«Risposi a un annuncio del “Diário de Notícias”. Avevo diciannove anni, ero allegra, sveglia, indipendente e, contro la volontà dei miei familiari, decisi di trovare un impiego». Così Ophélia Queiroz si trovò a lavorare nello stesso ufficio di Fernando Pessoa. «Tutto cominciò con sguardi, bigliettini, messaggi che mi lasciava di soppiatto sulla scrivania». Ed era già il namoro, come si chiama in portoghese quel vago periodo che precede il fidanzamento ufficiale. Queste lettere testimonieranno la profonda, irriducibile irrealtà in cui Pessoa sapeva lasciar precipitare ogni evento della sua vita personale, come se già questa locuzione fosse per lui un’incongruità. E tale era. Tanto più preziose, tanto più insostituibili queste sue lettere alla fidanzata, che accettano subito di partecipare, «proprio come i veri grandi amori, del ridicolo e del sublime» (Tabucchi).

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«le lettere d'amore

quando c'è l'amore,

per forza fanno ridere».

Ma non fanno solo ridere: mi son sentita Ophélia quando Fernando le ha scritto: «Naturalmente ti annoio»... sì, mi annoi! E non si tratta dell'ovvietà di cui parla Tabucchi (e lungi da me fare la detrattrice del grande poeta), ma della terribile noia che deriva dalla percezione che è un namoro irrealizzato e irrealizzabile, noioso perché fine a se stesso... i due, più gli etoronimi di Pessoa, mi hanno preso in giro.


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