«Ho preferito insegnare ai miei studenti non tanto la letteratura inglese, ma l'amore per certi autori, o meglio ancora, per certe pagine, o meglio ancora, per certe frasi».
Jorge Luis Borges
La passione di Jorge Luis Borges per la letteratura inglese e la sua dedizione all'insegnamento si ritrovano pienamente in questo ciclo di venticinque lezioni tenute nel 1966 all'Università di Buenos Aires.
Il programma del corso segue un felice itinerario personale, che parte dalle origini della letteratura inglese, dal Beowulf, passando per la vita e le opere di Samuel Johnson, William Blake, Dante Gabriel Rossetti, Charles Dickens, fino a Robert Louis Stevenson. Borges prende in esame i testi o i versi che piú lo hanno colpito, lasciando echi nella sua stessa opera letteraria. Questo percorso guidato dalle preferenze dell'insegnante è nello stesso tempo sempre teso a suscitare l'interesse degli studenti: privilegia cosí l'individualità degli autori rispetto alle correnti letterarie, le trame delle opere rispetto alla contestualizzazione storica, la lettura diretta dei testi rispetto all'analisi stilistica.
In queste lezioni suggestive e avvincenti, possiamo ascoltare direttamente la voce del grande scrittore: immediatezza dell'esposizione orale ed erudizione si dosano sapientemente. Borges si abbandona al piacere di raccontare e ci contagia cosí con il suo entusiasmo lungo questo viaggio all'inseguimento del senso della bellezza.
«Ma nel IX secolo avviene una rivoluzione. Non sappiamo neppure se coloro che la fecero ne fossero coscienti. Non sappiamo neppure se i testi che si sono conservati furono i primi. Ma accade qualcosa di molto importante, forse ciò che di piú importante può accadere in poesia: la scoperta di una nuova intonazione. I giornalisti, molte volte, per parlare di un poeta nuovo, dicono "una voce nuova". Ma qui la frase avrebbe esattamente quel significato: c'è una voce nuova, un'intonazione nuova, un nuovo uso della lingua. E ciò dev'essere stato abbastanza difficile, dato che la lingua anglosassone, l'antico inglese, era per la sua stessa asprezza predestinata all'epica, cioè alla celebrazione del coraggio e della lealtà. Per questo, nei testi epici che abbiamo visto, quel che riesce particolarmente bene ai poeti è la descrizione di battaglie. È come se ascoltassimo il rumore delle spade, il colpo delle lance sugli scudi, il tumulto delle grida di battaglia».