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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 28-08-2024
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Huckelberry Finn
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Michela L.


Huckelberry Finn
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Daria Bignardi

Non vi lascerò orfani

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 28-09-2017 da Luisa
Aggiornato il 28-09-2017 da Luisa
Disponibile in 5 librerie
Inserito il 28-09-2017 da Luisa
Aggiornato il 28-09-2017 da Luisa
Disponibile in 5 librerie

Questo libro, pur raccontando una morte, parla della vita. E dice che è sempre meglio dare che non dare, anche quando si sbaglia. Perché in una famiglia l'unica cosa che fa davvero male è l'assenza, mentre il caos e il calore delle esperienze condivise rafforzano le nostre radici e la nostra identità. Daria Bignardi scava nella memoria, dove nulla va perduto e si rivelano legami inattesi. Tutto - persone e luoghi - ha lasciato qualcosa. Tutto è storia individuale, di una famiglia, di un'epoca: tutto ha lasciato un segno e ci ha resi ciò che siamo. Ma ogni cosa gira intorno al rapporto complicato tra madre e figlia, che - come spesso accade - è fatto di trasporto e identificazione ma anche di bisogno di separarsi, di quella necessità di scrivere il proprio destino che spesso sta alla base dei conflitti.
Con appassionata nostalgia, in equilibrio tra commozione e divertimento, Daria Bignardi racconta una vicenda dolce e ironica, affascinante come una foto in bianco e nero, viva come un abbraccio: una storia proiettata all'improvviso sullo schermo della memoria quando la protagonista scompare. La storia di un amore più forte dell'assenza, un racconto in cui sarà inevitabile per chiunque, pur nell'assoluta singolarità della voce narrante, riconoscersi.

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Sabriliberos

Premetto che Daria Bignardi mi piace moltissimo, la trovo una donna intelligente, ironica, bella di testa e fisicamente, una delle poche che amo vedere in tv, e che non mi annoia - nè delude - mai. A malincuore devo ammettere che questo libro mi ha lasciata scontenta, quasi amareggiata, mi aspettavo la stessa spumeggiante ironia ed intelligenza della Daria "televisiva" nella Daria "scrittrice". Nelle prime pagine mi sembrava - a tratti - di ritrovarla ma poi, dopo le prime 70 pagine circa, ho trovato la lettura pesante, così tanto che ho provato la tentazione di abbandonare questo libro più volte. Ho resistito nella speranza che, proseguendo, avrei trovato la parte "viva", oltre che per - appunto - la stima che nutro per l'autrice. Non è stato così, alla fine, lo ammetto, facevo scorrere le pagine con lo sguardo, riprendendo quà e là, fino alla fine... Capisco cos'è la separazione, il dolore, ma anche la vita vissuta nella paura di perdere qualcuno, in particolare il genitore superstite. Ho vissuto molti dolorisissimi lutti - sin da piccola - ed ora vivo nell'apprensione di perdere mia madre. E' vero ciò che dice la Bignardi, e cioè che un lutto a vent'anni è diverso che a quaranta. Più si è adulte, più si stringe il rapporto con la propria madre da donna a donna, perdonando - sin quasi all'amare - quei modi, quei gesti, quelle parole che ci facevano impazzire di rabbia sino a qualche tempo prima. Ma, al di là di queste poche (anche se belle)riflessioni,ho trovato questo libro eccessivamente prolisso nel descrivere e raccontare persone della propria famiglia, in particolare in atti, abitudini ed espressioni della propria madre. Mi è sembrata più una riflessione destinata a se stessa, che un'opera che dovesse raccontare ad altri questo frammento di vita...

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Editore: Mondadori

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 174

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8804598263

ISBN-13: 9788804598268

Data di pubblicazione: 2010

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Questo libro, pur raccontando una morte, parla della vita. E dice che è sempre meglio dare che non dare, anche quando si sbaglia. Perché in una famiglia l'unica cosa che fa davvero male è l'assenza, mentre il caos e il calore delle esperienze condivise rafforzano le nostre radici e la nostra identità. Daria Bignardi scava nella memoria, dove nulla va perduto e si rivelano legami inattesi. Tutto - persone e luoghi - ha lasciato qualcosa. Tutto è storia individuale, di una famiglia, di un'epoca: tutto ha lasciato un segno e ci ha resi ciò che siamo. Ma ogni cosa gira intorno al rapporto complicato tra madre e figlia, che - come spesso accade - è fatto di trasporto e identificazione ma anche di bisogno di separarsi, di quella necessità di scrivere il proprio destino che spesso sta alla base dei conflitti.
Con appassionata nostalgia, in equilibrio tra commozione e divertimento, Daria Bignardi racconta una vicenda dolce e ironica, affascinante come una foto in bianco e nero, viva come un abbraccio: una storia proiettata all'improvviso sullo schermo della memoria quando la protagonista scompare. La storia di un amore più forte dell'assenza, un racconto in cui sarà inevitabile per chiunque, pur nell'assoluta singolarità della voce narrante, riconoscersi.

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Premetto che Daria Bignardi mi piace moltissimo, la trovo una donna intelligente, ironica, bella di testa e fisicamente, una delle poche che amo vedere in tv, e che non mi annoia - nè delude - mai. A malincuore devo ammettere che questo libro mi ha lasciata scontenta, quasi amareggiata, mi aspettavo la stessa spumeggiante ironia ed intelligenza della Daria "televisiva" nella Daria "scrittrice". Nelle prime pagine mi sembrava - a tratti - di ritrovarla ma poi, dopo le prime 70 pagine circa, ho trovato la lettura pesante, così tanto che ho provato la tentazione di abbandonare questo libro più volte. Ho resistito nella speranza che, proseguendo, avrei trovato la parte "viva", oltre che per - appunto - la stima che nutro per l'autrice. Non è stato così, alla fine, lo ammetto, facevo scorrere le pagine con lo sguardo, riprendendo quà e là, fino alla fine... Capisco cos'è la separazione, il dolore, ma anche la vita vissuta nella paura di perdere qualcuno, in particolare il genitore superstite. Ho vissuto molti dolorisissimi lutti - sin da piccola - ed ora vivo nell'apprensione di perdere mia madre. E' vero ciò che dice la Bignardi, e cioè che un lutto a vent'anni è diverso che a quaranta. Più si è adulte, più si stringe il rapporto con la propria madre da donna a donna, perdonando - sin quasi all'amare - quei modi, quei gesti, quelle parole che ci facevano impazzire di rabbia sino a qualche tempo prima. Ma, al di là di queste poche (anche se belle)riflessioni,ho trovato questo libro eccessivamente prolisso nel descrivere e raccontare persone della propria famiglia, in particolare in atti, abitudini ed espressioni della propria madre. Mi è sembrata più una riflessione destinata a se stessa, che un'opera che dovesse raccontare ad altri questo frammento di vita...

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