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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


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Michela L.


Huckelberry Finn
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Il libro delle sorelle
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Niccolò Ammaniti

Che la festa cominci

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (3)
Inserito il 06-05-2015 da licia_t
Aggiornato il 06-05-2015 da licia_t
Disponibile in 24 librerie
Inserito il 06-05-2015 da licia_t
Aggiornato il 06-05-2015 da licia_t
Disponibile in 24 librerie

Nel cuore di Roma, il palazzinaro Sasà Chiatti organizza nella sua nuova residenza di Villa Ada una festa che dovrà essere ricordata come il più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. Tra cuochi bulgari, battitori neri reclutati alla stazione Termini, chirurghi estetici, attricette, calciatori, tigri, elefanti, il grande evento vedrà il noto scrittore Fabrizio Ciba e le Belve di Abaddon, una sgangherata setta satanica di Oriolo Romano, inghiottiti in un'avventura dove eroi e comparse daranno vita a una grandiosa e scatenata commedia umana. La comicità di Ammaniti sa cogliere i vizi e le poche virtù della nostra epoca. E nel sorriso che non abbandona nel corso di tutta la lettura annegano ideali e sentimenti. E soli, alla fine, galleggiano i resti di una civiltà fatua e sfiancata. Incapace di prendere sul serio anche la propria rovina.

Un romanzo spericolato dove Niccolò Ammaniti riunisce tutte le caratteristiche che ne fanno il beniamino di milioni di lettori. Il divertimento più scatenato insieme all'amore incondizionato per personaggi che non lasceremo più, fino all'ultima pagina. L'immaginazione anarchica insieme a una lucidità senza scampo che fruga e rivela ogni nostro più vergognoso segreto.

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vivy.onnis

La società di oggi non conosce più il significato della parola “vergogna”: ebbene sì, è così. Lo hanno affermato personaggi illustri come Gianrico Carofiglio, nel suo saggio La manomissione delle parole, o il Prof. Claudio Magris, nell’intervista rilasciata a Fabio Fazio nell’ultima puntata domenicale di Che tempo che fa, ma lo sostengono anche molti di noi, “gente comune”, nei discorsi quotidiani. Del resto, come si può non ammettere che ormai tendiamo a non scandalizzarci più di niente e che chi osa parlare di “decenza” viene subito etichettato come “bacchettone”? Il concetto di “moralità” è diventato così vago che è diventato quasi impossibile qualificare un comportamento come oggettivamente amorale o anche semplicemente discutibile, inopportuno. Ammettere di avere un problema, però, è il primo passo utile per risolverlo, per cui bisogna innanzitutto continuare a parlare di questo fenomeno finché tutte le persone di buon senso non ne avranno preso coscienza. E c’è un autore che ha dato un importante contributo in questo senso: Niccolò Ammaniti, con il suo romanzo “Che la festa cominci”. Il libro non ha sicuramente bisogno di pubblicità, visto il grande numero di copie vendute (e si spera lette), ma forse non è ancora stato letto da tutti quelli che potrebbero farne tesoro. Dietro questa storia grottesca e inverosimile, infatti, è impossibile non ritrovare la deriva verso la quale sta andando (o forse è già approdato) il nostro Paese. C’è un passaggio, in particolare, che vi voglio proporre e che è molto più eloquente di qualunque giudizio o recensione. Sono le parole di uno dei personaggi più squallidi del romanzo e che ci riguarda tutti perché, che ne siamo consapevoli o meno, siamo tutti parte del circo: «[…] Il tempo delle figure di merda è finito, morto, sepolto. Se n’è andato per sempre con il vecchio millennio. Le figure di merda non esistono più, si sono estinte come le lucciole. Nessuno le fa più, tranne te, nella tua testa. […] Ci ricopriamo di letame felici come maiali in un porcile. Guarda me, per esempio. […] Io mi sono specializzato a Lione […], ho la cattedra a Urbino, sono un primario. Guarda come sto ridotto. Secondo i vecchi parametri sarei una figura di merda ambulante, un essere infrequentabile, un cafone impaccato di soldi, un tossico, un personaggio spregevole che si fa ricco sulle debolezze di quattro carampane, eppure non è così. Sono amato e rispettato. Vengo invitato pure alla festa della Repubblica al Quirinale […] Quelle che tu chiami figure di merda sono sprazzi di splendore mediatico che danno lustro al personaggio e che ti rendono più umano e simpatico. Se non esistono più regole etiche ed estetiche le figure di merda decadono di conseguenza. » Tuttavia, fintantoché saremo in grado di renderci conto di aver toccato il fondo, saremo ancora in tempo per risollevarci. Questa recensione la potete trovare anche qui:http://www.ilmiogiornale.org/che-la-festa-cominci/

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Laura

E' il primo libro che leggo di Ammaniti e devo dire che lo stile e il modo irriverente di deridere fatti e persone della nostra contemporaneità mi hanno colpito positivamente. La storia in sè non mi dice granchè e i riferimenti ai luoghi della città (esclusa Villa Adua)approssimativi.

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Barbara

Io non lo so se Niccolò Ammaniti mi piace. Non ho letto tutto, devo dire, e credo che Fango sia rimasto nella mia libreria, tuttora da leggere. Mentre lo leggo, soprattutto nella prima metà sbuffo pensando "che buffone", "ma dai, sei ridicolo"... come se fosse una questione personale tra me e lui. Come se non volessi dargli la soddisfazione di fargli vedere che mi sto divertendo. E poi alla fine cedo e mi gusto dalla metà in poi con un pizzico di bulimia. Non fate così, e ridete, ridete dalla prima pagina, delle semicomiche, tragiche vicissitudini di Saverio/Mantos e Fabrizio Ciba. Comunque quando vi troverete nel bel mezzo della festa a Villa Ada non potrete anche voi fare a meno di pensare che Ammaniti è folle. Per fortuna!

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Editore: Einaudi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 331

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806191012

ISBN-13: 9788806191016

Data di pubblicazione: 2009

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Niccolò Ammaniti

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Nel cuore di Roma, il palazzinaro Sasà Chiatti organizza nella sua nuova residenza di Villa Ada una festa che dovrà essere ricordata come il più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. Tra cuochi bulgari, battitori neri reclutati alla stazione Termini, chirurghi estetici, attricette, calciatori, tigri, elefanti, il grande evento vedrà il noto scrittore Fabrizio Ciba e le Belve di Abaddon, una sgangherata setta satanica di Oriolo Romano, inghiottiti in un'avventura dove eroi e comparse daranno vita a una grandiosa e scatenata commedia umana. La comicità di Ammaniti sa cogliere i vizi e le poche virtù della nostra epoca. E nel sorriso che non abbandona nel corso di tutta la lettura annegano ideali e sentimenti. E soli, alla fine, galleggiano i resti di una civiltà fatua e sfiancata. Incapace di prendere sul serio anche la propria rovina.

Un romanzo spericolato dove Niccolò Ammaniti riunisce tutte le caratteristiche che ne fanno il beniamino di milioni di lettori. Il divertimento più scatenato insieme all'amore incondizionato per personaggi che non lasceremo più, fino all'ultima pagina. L'immaginazione anarchica insieme a una lucidità senza scampo che fruga e rivela ogni nostro più vergognoso segreto.

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E' il primo libro che leggo di Ammaniti e devo dire che lo stile e il modo irriverente di deridere fatti e persone della nostra contemporaneità mi hanno colpito positivamente. La storia in sè non mi dice granchè e i riferimenti ai luoghi della città (esclusa Villa Adua)approssimativi.

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Io non lo so se Niccolò Ammaniti mi piace. Non ho letto tutto, devo dire, e credo che Fango sia rimasto nella mia libreria, tuttora da leggere. Mentre lo leggo, soprattutto nella prima metà sbuffo pensando "che buffone", "ma dai, sei ridicolo"... come se fosse una questione personale tra me e lui. Come se non volessi dargli la soddisfazione di fargli vedere che mi sto divertendo. E poi alla fine cedo e mi gusto dalla metà in poi con un pizzico di bulimia. Non fate così, e ridete, ridete dalla prima pagina, delle semicomiche, tragiche vicissitudini di Saverio/Mantos e Fabrizio Ciba. Comunque quando vi troverete nel bel mezzo della festa a Villa Ada non potrete anche voi fare a meno di pensare che Ammaniti è folle. Per fortuna!

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