Uscito postumo nel 1968, dopo una travagliata vicenda editoriale e con un testo non del tutto accertato, Il partigiano Johnny fu comunque da subito considerato la prova più alta e matura fornita dalla cosiddetta “letteratura della Resistenza”. Largamente autobiografico, il romanzo narra la storia del giovane Johnny, studente di Alba imbevuto di cultura e letteratura inglese, che nell’ultima fase della seconda guerra mondiale decide di raggiungere i partigiani sulle colline delle Langhe. Ma ben presto si accorge che la realtà quotidiana della lotta armata non ha nulla di eroico o di epico, e anzi si consuma in requisizioni di bestiame ai danni di contadini sempre più ostili, e in mille altri piccoli espedienti per sopravvivere. Lasciati i garibaldini per i badogliani, Johnny partecipa a varie azioni militari, uccide uomini, vede morire compagni; e a poco a poco si fa strada in lui la consapevolezza che nell’insensato inferno della guerra l’unico valore in cui riconoscersi, al di là delle ideologie e degli schieramenti, resta la solidarietà umana, il piccolo e magari insignificante aiuto.