"Un romanzo avviato in età non più giovane, senza alcun segnale e neppur presagio nelle opere precedenti che potesse far pensare ad una scelta narrativa di tale impegno da configurare i "Promessi sposi" non solo come il 'life-work' di Manzoni, ma una pietra angolare della moderna narrativa italiana ed europea. Un romanzo elaborato nel fervido clima romantico ancora attraversato da discussioni e polemiche sulla legittimità letteraria del genere, che non ruota attorno ad un 'eroe' protagonista, ma coinvolge un coro di personaggi d'invenzione o evocati dal buio di un passato storico correndo il duplice rischio di fare degli uni 'tipi' astratti, degli altri maschere stravolte per una messinscena di storia romanzata. Un romanzo che si nutre della indagine storica su un periodo di decadenza della terra di Lombardia, tanto rigorosa, quanto i tempi potevano consentire (al punto da assumere il sottotitolo inequivocabile di 'storia milanese'), che lascia tuttavia nel lettore più avvertito l'impressione di una grandiosa allegoria della tragicità della condizione umana.