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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


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Michela L.


Huckelberry Finn
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Il libro delle sorelle
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"Tu che adori la letteratura non hai voglia di scrivere? - Adoro anche il vino, ma non per questo ho voglia di coltivare la vigna."

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Adriana Pillitu

Aìli che voleva correre

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 28-09-2016 da Laura
Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
Disponibile in 1 libreria
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Laura

È una storia piccola e preziosa, quella racchiusa tra le pagine del romanzo “Aìli che voleva correre”. Una storia sospesa tra sogno e realtà, una di quelle che le drammatiche cronache del nostro tempo non ci raccontano né mai potranno farlo, poiché ci vuole cuore per guardare lontano, oltre i confini della miseria, oltre le assolate rotte di sabbia e acqua, oltre i rovinosi naufragi che inghiottono la speranza di chi si mette per mare così come la nostra indifferenza. Aìli è una giovanissima donna a cui viene restituita la dignità di un nome e di un ricordo. Figlia di un angolo dell’immensa terra d’Africa, la ragazza incarna i palpiti di un continente intero che vive quotidianamente vecchi drammi e contraddizioni, sempre in cammino alla inquieta ricerca della propria strada verso un futuro migliore. L’Africa, dunque, al pari di Aìli, è la protagonista di questa storia, con il suo essere un po’ madre e un po’ matrigna, con il suo mosaico di genti e culture, i suoi grandi spazi aperti e cieli sconfinati, la bellezza struggente dei suoi tramonti, le sue antiche fiabe, i suoni, i profumi e i colori che rapiscono l’anima con il loro fascino; protagonista fino in fondo, l’Africa, fin sui barconi “carichi di volti e di corpi, di sguardi e di sorrisi, di dolori e di speranze” che, infine, coraggiosi attraversano quel grande cimitero che è ormai diventato il Mediterraneo. Bellissimo romanzo, che non ha deluso le mie aspettative. Un ottimo esordio per l’autrice Adriana Pillitu, la cui scrittura, oltre che perfetta, è intrisa di una delicatezza profonda e dalla quale traspare una sensibilità particolare che, in tempi di muri e barriere di filo spinato antimigranti, rappresenta qualcosa di estremamente prezioso come la stessa vicenda narrata. A far da cornice a quest’ultima temi di non poco conto, quali la rapina delle terre, il traffico d’armi e di uomini, vecchi e nuovi colonialismi, su cui la spesso tronfia società occidentale dovrebbe riflettere di più, dal momento che essa – historia docet – ha nei confronti del continente africano gravissime colpe e responsabilità ben precise. Riflessione e azione, in verità, sarebbero auspicabili. Prima che sia intollerabilmente troppo tardi. Prima che la storia di Aìli possa ripetersi all’infinito e la sua corsa sognante si fermi per sempre alle porte della fortezza Europa, tra le onde di un mare che dovrebbe essere, di nuovo e soltanto, un ponte tra popoli e civiltà. “Si lasciò andare, Aìli, e trovò quasi consolatorio l’abbraccio delle onde, che l’avvolgevano e la trascinavano. Si racchiuse su se stessa, piegò le ginocchia e si raccolse. Era un ventre materno che, invece di darle la vita, a poco a poco gliela portava via. Il suo sogno si infranse proprio lì, ingoiato dalla violenza del mare.”

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Editore: 0111

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 134

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-13: 9788863078695

Data di pubblicazione: 2015

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È una storia piccola e preziosa, quella racchiusa tra le pagine del romanzo “Aìli che voleva correre”. Una storia sospesa tra sogno e realtà, una di quelle che le drammatiche cronache del nostro tempo non ci raccontano né mai potranno farlo, poiché ci vuole cuore per guardare lontano, oltre i confini della miseria, oltre le assolate rotte di sabbia e acqua, oltre i rovinosi naufragi che inghiottono la speranza di chi si mette per mare così come la nostra indifferenza. Aìli è una giovanissima donna a cui viene restituita la dignità di un nome e di un ricordo. Figlia di un angolo dell’immensa terra d’Africa, la ragazza incarna i palpiti di un continente intero che vive quotidianamente vecchi drammi e contraddizioni, sempre in cammino alla inquieta ricerca della propria strada verso un futuro migliore. L’Africa, dunque, al pari di Aìli, è la protagonista di questa storia, con il suo essere un po’ madre e un po’ matrigna, con il suo mosaico di genti e culture, i suoi grandi spazi aperti e cieli sconfinati, la bellezza struggente dei suoi tramonti, le sue antiche fiabe, i suoni, i profumi e i colori che rapiscono l’anima con il loro fascino; protagonista fino in fondo, l’Africa, fin sui barconi “carichi di volti e di corpi, di sguardi e di sorrisi, di dolori e di speranze” che, infine, coraggiosi attraversano quel grande cimitero che è ormai diventato il Mediterraneo. Bellissimo romanzo, che non ha deluso le mie aspettative. Un ottimo esordio per l’autrice Adriana Pillitu, la cui scrittura, oltre che perfetta, è intrisa di una delicatezza profonda e dalla quale traspare una sensibilità particolare che, in tempi di muri e barriere di filo spinato antimigranti, rappresenta qualcosa di estremamente prezioso come la stessa vicenda narrata. A far da cornice a quest’ultima temi di non poco conto, quali la rapina delle terre, il traffico d’armi e di uomini, vecchi e nuovi colonialismi, su cui la spesso tronfia società occidentale dovrebbe riflettere di più, dal momento che essa – historia docet – ha nei confronti del continente africano gravissime colpe e responsabilità ben precise. Riflessione e azione, in verità, sarebbero auspicabili. Prima che sia intollerabilmente troppo tardi. Prima che la storia di Aìli possa ripetersi all’infinito e la sua corsa sognante si fermi per sempre alle porte della fortezza Europa, tra le onde di un mare che dovrebbe essere, di nuovo e soltanto, un ponte tra popoli e civiltà. “Si lasciò andare, Aìli, e trovò quasi consolatorio l’abbraccio delle onde, che l’avvolgevano e la trascinavano. Si racchiuse su se stessa, piegò le ginocchia e si raccolse. Era un ventre materno che, invece di darle la vita, a poco a poco gliela portava via. Il suo sogno si infranse proprio lì, ingoiato dalla violenza del mare.”

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