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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
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Huckelberry Finn
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"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-02-2024
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Antonia Pozzi

Guardami: sono nuda

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Inserito il 28-09-2016 da Laura
Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
Disponibile in 1 libreria
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Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
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«Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granellini sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia». Antonia Pozzi scrive queste riflessioni tra il 1925 e il 1927. È nata nel 1912, appena una ragazzina quindi. Eppure è questo senso di spossata malinconia, di vertigine di perdita, di repentina nostalgia che lei esplorerà fino alla sua morte, il 2 dicembre 1938, nuda e con troppe pillole ingoiate in un fosso gelato nella campagna intorno a Milano. In questa raccolta, curata da Ernestina Pellegrini, docente di italianistica dell’Università di Firenze e curatrice del Meridiano Mondadori dedicato a Claudio Magris, è contenuto il corpus maggiore delle sue poesie, dalle quali emergono un’esacerbata sensibilità e una profondità di autoanalisi davvero sorprendenti.

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Laura

Da diverso tempo sentivo parlare di Antonia Pozzi (1912-1938), poetessa lombarda precocemente scomparsa. Ora, grazie a un’amica, la mia curiosità è stata in parte appagata e, nel contempo, ulteriormente solleticata. Questa pubblicazione, peraltro molto ben curata, può essere infatti un valido punto di partenza per approfondire la conoscenza dell’opera della Pozzi, la quale scriveva non soltanto in versi e coltivava una sentita vocazione artistica che abbracciava addirittura la fotografia. Colta e indipendente, era una giovane donna senz’altro avanti rispetto all’epoca in cui viveva, ma anche un’anima fragile e molto tormentata stando alla sua biografia e alla lettura dei suoi scritti. La solitudine, la morte, un senso di tragico incombente sono i temi che affiorano dalle poesie presenti in questa raccolta dal sapore intimistico; non manca l’amore, seppur dipinto con tonalità deluse e rassegnate, né il vuoto di una maternità mai sbocciata. Antonia Pozzi morì suicida alla fine del ’38: in tempo per non assistere allo scempio del secondo conflitto mondiale, ma troppo tardi per non averne conosciuto le drammatiche premesse. Un’autrice su cui hanno scritto numerosi autori, tra i quali addirittura Eugenio Montale, ma ancora non particolarmente conosciuta e meritevole perciò di maggior attenzione e promozione. www.antoniapozzi.it Canto della mia nudità Guardami: sono nuda. Dall'inquieto languore della mia capigliatura alla tensione snella del mio piede, io sono tutta una magrezza acerba inguainata in un color avorio. Guarda: pallida è la carne mia. Si direbbe che il sangue non vi scorra. Rosso non ne traspare. Solo un languido palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto. Vedi come incavato ho il ventre. Incerta è la curva dei fianchi, ma i ginocchi e le caviglie e tutte le giunture, ho scarne e salde come un puro sangue. Oggi, m'inarco nuda, nel nitore del bagno bianco e m'inarcherò nuda domani sopra un letto, se qualcuno mi prenderà. E un giorno nuda, sola, stesa supina sotto troppa terra, starò, quando la morte avrà chiamato. Novembre E poi – se accadrà ch’io me ne vada – resterà qualchecosa di me nel mio mondo – resterà un’esile scìa di silenzio in mezzo alle voci – un tenue fiato di bianco in cuore all’azzurro – […] Unicità Io credo questo: che non si può cambiar volto alle creature già nate nel cuore. E perciò il nostro bimbo unico sarà quello che noi sognammo nei mattini di giugno […] Dopo Quando la tua voce avrà lasciato la mia casa ritorneranno di là dal muro parole rauche di vecchi a nominare nell’oscurità invisibili monti. Udirò greggi traversare la notte: il vento – curvo sul letto dei torrenti – scaverà incolmabili valli nel silenzio.

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Editore: Clichy

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 110

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-13: 9788867991211

Data di pubblicazione: 2014

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«Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granellini sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia». Antonia Pozzi scrive queste riflessioni tra il 1925 e il 1927. È nata nel 1912, appena una ragazzina quindi. Eppure è questo senso di spossata malinconia, di vertigine di perdita, di repentina nostalgia che lei esplorerà fino alla sua morte, il 2 dicembre 1938, nuda e con troppe pillole ingoiate in un fosso gelato nella campagna intorno a Milano. In questa raccolta, curata da Ernestina Pellegrini, docente di italianistica dell’Università di Firenze e curatrice del Meridiano Mondadori dedicato a Claudio Magris, è contenuto il corpus maggiore delle sue poesie, dalle quali emergono un’esacerbata sensibilità e una profondità di autoanalisi davvero sorprendenti.

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Da diverso tempo sentivo parlare di Antonia Pozzi (1912-1938), poetessa lombarda precocemente scomparsa. Ora, grazie a un’amica, la mia curiosità è stata in parte appagata e, nel contempo, ulteriormente solleticata. Questa pubblicazione, peraltro molto ben curata, può essere infatti un valido punto di partenza per approfondire la conoscenza dell’opera della Pozzi, la quale scriveva non soltanto in versi e coltivava una sentita vocazione artistica che abbracciava addirittura la fotografia. Colta e indipendente, era una giovane donna senz’altro avanti rispetto all’epoca in cui viveva, ma anche un’anima fragile e molto tormentata stando alla sua biografia e alla lettura dei suoi scritti. La solitudine, la morte, un senso di tragico incombente sono i temi che affiorano dalle poesie presenti in questa raccolta dal sapore intimistico; non manca l’amore, seppur dipinto con tonalità deluse e rassegnate, né il vuoto di una maternità mai sbocciata. Antonia Pozzi morì suicida alla fine del ’38: in tempo per non assistere allo scempio del secondo conflitto mondiale, ma troppo tardi per non averne conosciuto le drammatiche premesse. Un’autrice su cui hanno scritto numerosi autori, tra i quali addirittura Eugenio Montale, ma ancora non particolarmente conosciuta e meritevole perciò di maggior attenzione e promozione. www.antoniapozzi.it Canto della mia nudità Guardami: sono nuda. Dall'inquieto languore della mia capigliatura alla tensione snella del mio piede, io sono tutta una magrezza acerba inguainata in un color avorio. Guarda: pallida è la carne mia. Si direbbe che il sangue non vi scorra. Rosso non ne traspare. Solo un languido palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto. Vedi come incavato ho il ventre. Incerta è la curva dei fianchi, ma i ginocchi e le caviglie e tutte le giunture, ho scarne e salde come un puro sangue. Oggi, m'inarco nuda, nel nitore del bagno bianco e m'inarcherò nuda domani sopra un letto, se qualcuno mi prenderà. E un giorno nuda, sola, stesa supina sotto troppa terra, starò, quando la morte avrà chiamato. Novembre E poi – se accadrà ch’io me ne vada – resterà qualchecosa di me nel mio mondo – resterà un’esile scìa di silenzio in mezzo alle voci – un tenue fiato di bianco in cuore all’azzurro – […] Unicità Io credo questo: che non si può cambiar volto alle creature già nate nel cuore. E perciò il nostro bimbo unico sarà quello che noi sognammo nei mattini di giugno […] Dopo Quando la tua voce avrà lasciato la mia casa ritorneranno di là dal muro parole rauche di vecchi a nominare nell’oscurità invisibili monti. Udirò greggi traversare la notte: il vento – curvo sul letto dei torrenti – scaverà incolmabili valli nel silenzio.

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