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E intanto, mentre non c'eri...

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"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
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Michela L.


Huckelberry Finn
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Curzio Malaparte

La pelle

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 28-09-2016 da Laura
Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
Disponibile in 1 libreria
Inserito il 28-09-2016 da Laura
Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
Disponibile in 1 libreria

Una terribile peste dilaga a Napoli dal giorno in cui, nell'ottobre del 1943, gli eserciti alleati vi sono entrati come liberatori: una peste che corrompe non il corpo ma l'anima, spingendo le donne a vendersi e gli uomini a calpestare il rispetto di sé. Trasformata in un inferno di abiezione, la città offre visioni di un osceno, straziante orrore: la peste – è questa l'indicibile verità – è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la «schifosa pelle». Come ha scritto Milan Kundera, nella Pelle Malaparte «con le sue parole fa male a se stesso e agli altri; chi parla è un uomo che soffre. Non uno scrittore impegnato. Un poeta».

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Laura

Pubblicato nel secondo dopoguerra, “La pelle” è uno dei titoli più noti di Curzio Malaparte. Più che di un romanzo vero e proprio, a nostro avviso si tratta di una serie di episodi e ricordi che prendono le mosse a Napoli dopo l’arrivo delle truppe alleate nel ’43. E proprio questo avvio nella Napoli bombardata e occupata con la descrizione delle sue ferite nei primissimi capitoli lo rendono inizialmente molto interessante, data anche l’ottima prosa dell’autore che punta i riflettori sulla miseria materiale e, soprattutto, morale in cui versava la città partenopea: “Erano i giorni della «peste» di Napoli.” Fame e prostituzione vagavano inquiete tra i vecchi vicoli e i caratteristici “bassi” senza risparmiare la dignità di nessuno, nemmeno l’innocenza dei bambini. L’accento, fin da subito, viene posto anche sulla sconfitta dell’Italia e sulla condizione di vinti degli italiani, rappresentati anzitutto dal popolo napoletano che, dopo la Liberazione, deve lottare per sopravvivere. È nella pelle del titolo, infatti, che si esprime il concetto principale dell'opera: “Non è più la lotta contro la schiavitù, la lotta per la libertà, per la dignità umana, per l'onore. È la lotta contro la fame.” E Malaparte, aggirandosi per le vie con alcuni ufficiali americani, ci mostra scene anche molto crude ed emblematiche di questa lotta per la vita. Tuttavia, dopo le più che buone promesse iniziali, la narrazione inizia a perdersi in episodi, ricordi ed elucubrazioni che anzitutto allontanano la scena da Napoli e poi tengono sempre meno alta l’attenzione di chi legge. Oltre che abbastanza ripetitivo nei concetti espressi, in più di una circostanza si rivela un libro molto “dotto” per via di vari riferimenti letterari e artistici che, obiettivamente, non lo rendono per tutti di facile comprensione. Allontanandosi da Napoli, Malaparte risale per lo Stivale con gli alleati durante le varie tappe di Liberazione ma ormai non c’è più quel filone ben intrapreso all’inizio di parlare delle condizioni del popolo italiano, preso com’è da certi suoi fantasmi e da questi “esercizi di stile” che appesantiscono la lettura. Peccato perché un maggiore ancoraggio alla realtà tumultuosa di quel periodo l’avremmo di gran lunga preferito. Tre stelle quindi perché riconosciamo obiettivamente la validità della sua prosa, ma ha perso alla fine in coerenza. (Sciarpina e Laura)

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Editore: Adelphi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 379

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8845930378

ISBN-13: 9788845930379

Data di pubblicazione: 2015

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Una terribile peste dilaga a Napoli dal giorno in cui, nell'ottobre del 1943, gli eserciti alleati vi sono entrati come liberatori: una peste che corrompe non il corpo ma l'anima, spingendo le donne a vendersi e gli uomini a calpestare il rispetto di sé. Trasformata in un inferno di abiezione, la città offre visioni di un osceno, straziante orrore: la peste – è questa l'indicibile verità – è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la «schifosa pelle». Come ha scritto Milan Kundera, nella Pelle Malaparte «con le sue parole fa male a se stesso e agli altri; chi parla è un uomo che soffre. Non uno scrittore impegnato. Un poeta».

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Pubblicato nel secondo dopoguerra, “La pelle” è uno dei titoli più noti di Curzio Malaparte. Più che di un romanzo vero e proprio, a nostro avviso si tratta di una serie di episodi e ricordi che prendono le mosse a Napoli dopo l’arrivo delle truppe alleate nel ’43. E proprio questo avvio nella Napoli bombardata e occupata con la descrizione delle sue ferite nei primissimi capitoli lo rendono inizialmente molto interessante, data anche l’ottima prosa dell’autore che punta i riflettori sulla miseria materiale e, soprattutto, morale in cui versava la città partenopea: “Erano i giorni della «peste» di Napoli.” Fame e prostituzione vagavano inquiete tra i vecchi vicoli e i caratteristici “bassi” senza risparmiare la dignità di nessuno, nemmeno l’innocenza dei bambini. L’accento, fin da subito, viene posto anche sulla sconfitta dell’Italia e sulla condizione di vinti degli italiani, rappresentati anzitutto dal popolo napoletano che, dopo la Liberazione, deve lottare per sopravvivere. È nella pelle del titolo, infatti, che si esprime il concetto principale dell'opera: “Non è più la lotta contro la schiavitù, la lotta per la libertà, per la dignità umana, per l'onore. È la lotta contro la fame.” E Malaparte, aggirandosi per le vie con alcuni ufficiali americani, ci mostra scene anche molto crude ed emblematiche di questa lotta per la vita. Tuttavia, dopo le più che buone promesse iniziali, la narrazione inizia a perdersi in episodi, ricordi ed elucubrazioni che anzitutto allontanano la scena da Napoli e poi tengono sempre meno alta l’attenzione di chi legge. Oltre che abbastanza ripetitivo nei concetti espressi, in più di una circostanza si rivela un libro molto “dotto” per via di vari riferimenti letterari e artistici che, obiettivamente, non lo rendono per tutti di facile comprensione. Allontanandosi da Napoli, Malaparte risale per lo Stivale con gli alleati durante le varie tappe di Liberazione ma ormai non c’è più quel filone ben intrapreso all’inizio di parlare delle condizioni del popolo italiano, preso com’è da certi suoi fantasmi e da questi “esercizi di stile” che appesantiscono la lettura. Peccato perché un maggiore ancoraggio alla realtà tumultuosa di quel periodo l’avremmo di gran lunga preferito. Tre stelle quindi perché riconosciamo obiettivamente la validità della sua prosa, ma ha perso alla fine in coerenza. (Sciarpina e Laura)

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