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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 28-08-2024
I nomi epiceni
Amélie Nothomb

"Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. P [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-04-2024
La zona d'interesse
Martin Amis

"pensavo, come ha potuto «un sonnolento paese di poeti e sognatori», e la più colta e raffinata nazione che il mondo avesse mai visto, come ha [...]

Michela L.


Huckelberry Finn
Oltre un mese fa, 05-02-2024
Il libro delle sorelle
Amélie Nothomb

"Tu che adori la letteratura non hai voglia di scrivere? - Adoro anche il vino, ma non per questo ho voglia di coltivare la vigna."

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Tiziano Scarpa

Stabat mater

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 02-05-2016 da Mario
Aggiornato il 02-05-2016 da Mario
Disponibile in 14 librerie
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Aggiornato il 02-05-2016 da Mario
Disponibile in 14 librerie

È notte, l'orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine più assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e più lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei è un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa "Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci". Così passa la vita all'Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia troverà una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.

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Recensioni

Capsicum

Primo: la protagonista si chiama come me. Uh, Scarpa, senta, ma non è un po' scontato? Secondo: Scarpa è un melomane con predilezioni barocche in genere e vivaldiane in particolare: "uno di noi", insomma, e ciò è bene. Terzo: ha imparato da Baricco a scrivere in cento pagine quello che sarebbe più interessante scritto in sessanta. Ma è così che si vende e che si vincono i premi letterari, così e avendoci l'editore "giusto". Comunque il libro vale la pena di leggerlo, il che è molto più di quanto si possa dire per molta della produzione dell'editoria italiana; ottimo per l'ombrellone, tra l'altro. baci. Caps

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Editore: Einaudi

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 144

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8806171240

ISBN-13: 9788806171247

Data di pubblicazione: 2008

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È notte, l'orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine più assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e più lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei è un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa "Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci". Così passa la vita all'Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia troverà una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.

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Primo: la protagonista si chiama come me. Uh, Scarpa, senta, ma non è un po' scontato? Secondo: Scarpa è un melomane con predilezioni barocche in genere e vivaldiane in particolare: "uno di noi", insomma, e ciò è bene. Terzo: ha imparato da Baricco a scrivere in cento pagine quello che sarebbe più interessante scritto in sessanta. Ma è così che si vende e che si vincono i premi letterari, così e avendoci l'editore "giusto". Comunque il libro vale la pena di leggerlo, il che è molto più di quanto si possa dire per molta della produzione dell'editoria italiana; ottimo per l'ombrellone, tra l'altro. baci. Caps

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