Libro

Pat Conroy non mi delude, neanche dopo tanti anni che aspettavo un suo nuovo lavoro e quasi avevo perso le speranze. Il Principe delle Maree era diventato dalle prime pagine uno dei miei libri preferiti e anche "I ragazzi di Charleston" spinge per ottenere questo titolo. La verità è che sta ancora decantando, non è ancora "mio". Mentre aspetto che la maturazione sia terminata, do qualche parere. Cosa mi ha lasciato a caldo? Il rimpianto per non essere nata nel sud degli Stati Uniti, l'invidia per non aver mai avuto un gruppo di amici simili a quelli descritti nel libro né, lo ammetto, un padre così orgoglioso e pieno d'amore. Certo non invidio la madre del protagonista (ma farei carte false per conoscerla, se esistesse davvero). In realtà penso che Pat Conroy abbia qualche problema con la propria madre. In tutti i suoi libri che ho avuto la possibilità di leggere (questo, il già citato "Il principe delle maree" e, mi pare, anche "Beach Music") il personaggio principale ha una madre che lo opprime e segna la sua infanzia abdicando al ruolo materno proprio quando si verificano le nefandezze che lo rendono più che mai necessario. Questa passività crudele è in parte giustificata nei libri dalla mentalità (locale - si noti una specie di maniera del sud alla "Via col Vento" - o famigliare) e comunque è sempre riscattata da una manifestazione d'amore genuino che riavvicina la famiglia. Ho altre considerazioni, ma non voglio rischiare di fare spoiler! Lo stile con cui è scritto il romanzo è a volte aulico, altre decisamente poco poetico, ma sempre deliziosamente ironico e molto scorrevole. Nonostante non ci siano molti colpi di scena, questo è un libro che tiene alzati fino a tardi come sanno fare alcuni thriller ansiogeni. Una pagina tira l'altra mentre la storia si sviluppa e si entra in un mondo del quale si vorrebbe far parte. Cinque stelle piene, con lode!