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E intanto, mentre non c'eri...

Michela L.


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Michela L.


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Dino Buzzati

Il deserto dei Tartari

Voto medio della comunità Lìberos
Recensioni (1)
Inserito il 28-09-2016 da Laura
Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
Disponibile in 10 librerie
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Aggiornato il 28-09-2016 da Laura
Disponibile in 10 librerie

Giovanni Drogo, un sottotenente, viene mandato in una lontana fortezza. A nord della fortezza c'è il deserto da cui si attende un'invasione dei tartari. Ma l'invasione, sempre annunciata, non avviene e l'addestramento, i turni di guardia, l'organizzazione militare, appaiono cerimoniali senza senso. Quando Drogo torna in città per una promozione, si accorge di aver perso ogni contatto con il mondo e che ormai la sua unica ragione di vita è l'inutile attesa del nemico. Tornato alla fortezza, si ammala e proprio allora accade l'evento tanto aspettato: i tartari avanzano dal deserto. Nell'emozione e nella confusione del momento, senza che lui possa prendere parte ai preparativi di difesa, Drogo muore, dimenticato da tutti.

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Laura

Per ogni libro esiste un particolare periodo della propria vita. Credo di aver letto questo romanzo di Dino Buzzati al momento giusto: non sono ancora così avanti negli anni, ma mi ritrovo comunque sulla soglia di un’età in cui è naturale fare un bilancio esistenziale e, pertanto, rivolgere più di un pensiero agli anni lasciati alle spalle; insomma, tutti cerchiamo di fare i conti con la vita e col tempo che passa, anzitutto per poter andare avanti. Ecco perché, fin dal principio, sono stata affascinata da “Il deserto dei Tartari”, che se avessi letto a quindici anni, probabilmente, non mi avrebbe coinvolta allo stesso modo né l’avrei potuto comprendere appieno. È infatti il tempo il grande protagonista di questa storia tanto semplice quanto spiazzante. Né l’ufficiale Giovanni Drogo, consacratosi in toto alla carriera militare, né la Fortezza Bastiani, estremo baluardo di frontiera. No, soltanto il tempo, con il suo lento ma inarrestabile incedere, la sua fuga appunto irreparabile, i suoi silenzi che, indifferenti, si mescolano ad altri vasti silenzi solcati dalla voce del vento e dai sussurri notturni ammantati di stelle, così come essi si confondono col greve pallore della neve e col rosso vivo dei tramonti sempre uguali, con i palpiti di vita a primavera che lusingano gli animi facendo loro nuove e ingannatrici promesse. Quella di Drogo esemplifica al meglio la vicenda umana in generale: aggrappati a un presentimento più o meno vago di cose grandi, si aspetta la vita. Ma la vita, in verità, non aspetta e così il dolce sapore dei sogni e delle speranze si tramuta presto in quello amarissimo delle illusioni. “Il tempo intanto correva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un'occhiata indietro. "Ferma, ferma!" si vorrebbe gridare, ma si capisce ch'è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai.” Magnifico e portentoso romanzo, la cui narrazione, non estranea, a mio parere, a sfumature kafkiane, è calata in una perfetta dimensione spazio-temporale fantastica e indefinita. Scrittura semplice e incisiva, per nulla prolissa, decisamente diversa rispetto a quella che si ritrova tra le pagine di “Un amore”, altra celebre opera di Buzzati letta di recente. Un messaggio, quello lanciato dall’autore, che forse, alla luce di certi suoi passaggi, non è poi di assoluto pessimismo: se è vero che alla fuga del tempo non ci è possibile resistere, è però anche vero che questo stesso tempo, intanto che fugge, possiamo riempirlo di piccole grandi soddisfazioni quotidiane, senza ostinarci nella frustrante e inutile ricerca di successo e gloria a vario titolo; e, soprattutto, di affetti, amicizia e amore, affinché la nostra esistenza non diventi una landa arida e desolata come quella sconfinata del deserto dei Tartari.

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Editore: Mondadori

Lingua: (DATO NON PRESENTE)

Numero di pagine: 202

Formato: (DATO NON PRESENTE)

ISBN-10: 8804492953

ISBN-13: 9788804492955

Data di pubblicazione: 2001

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Giovanni Drogo, un sottotenente, viene mandato in una lontana fortezza. A nord della fortezza c'è il deserto da cui si attende un'invasione dei tartari. Ma l'invasione, sempre annunciata, non avviene e l'addestramento, i turni di guardia, l'organizzazione militare, appaiono cerimoniali senza senso. Quando Drogo torna in città per una promozione, si accorge di aver perso ogni contatto con il mondo e che ormai la sua unica ragione di vita è l'inutile attesa del nemico. Tornato alla fortezza, si ammala e proprio allora accade l'evento tanto aspettato: i tartari avanzano dal deserto. Nell'emozione e nella confusione del momento, senza che lui possa prendere parte ai preparativi di difesa, Drogo muore, dimenticato da tutti.

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Per ogni libro esiste un particolare periodo della propria vita. Credo di aver letto questo romanzo di Dino Buzzati al momento giusto: non sono ancora così avanti negli anni, ma mi ritrovo comunque sulla soglia di un’età in cui è naturale fare un bilancio esistenziale e, pertanto, rivolgere più di un pensiero agli anni lasciati alle spalle; insomma, tutti cerchiamo di fare i conti con la vita e col tempo che passa, anzitutto per poter andare avanti. Ecco perché, fin dal principio, sono stata affascinata da “Il deserto dei Tartari”, che se avessi letto a quindici anni, probabilmente, non mi avrebbe coinvolta allo stesso modo né l’avrei potuto comprendere appieno. È infatti il tempo il grande protagonista di questa storia tanto semplice quanto spiazzante. Né l’ufficiale Giovanni Drogo, consacratosi in toto alla carriera militare, né la Fortezza Bastiani, estremo baluardo di frontiera. No, soltanto il tempo, con il suo lento ma inarrestabile incedere, la sua fuga appunto irreparabile, i suoi silenzi che, indifferenti, si mescolano ad altri vasti silenzi solcati dalla voce del vento e dai sussurri notturni ammantati di stelle, così come essi si confondono col greve pallore della neve e col rosso vivo dei tramonti sempre uguali, con i palpiti di vita a primavera che lusingano gli animi facendo loro nuove e ingannatrici promesse. Quella di Drogo esemplifica al meglio la vicenda umana in generale: aggrappati a un presentimento più o meno vago di cose grandi, si aspetta la vita. Ma la vita, in verità, non aspetta e così il dolce sapore dei sogni e delle speranze si tramuta presto in quello amarissimo delle illusioni. “Il tempo intanto correva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un'occhiata indietro. "Ferma, ferma!" si vorrebbe gridare, ma si capisce ch'è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai.” Magnifico e portentoso romanzo, la cui narrazione, non estranea, a mio parere, a sfumature kafkiane, è calata in una perfetta dimensione spazio-temporale fantastica e indefinita. Scrittura semplice e incisiva, per nulla prolissa, decisamente diversa rispetto a quella che si ritrova tra le pagine di “Un amore”, altra celebre opera di Buzzati letta di recente. Un messaggio, quello lanciato dall’autore, che forse, alla luce di certi suoi passaggi, non è poi di assoluto pessimismo: se è vero che alla fuga del tempo non ci è possibile resistere, è però anche vero che questo stesso tempo, intanto che fugge, possiamo riempirlo di piccole grandi soddisfazioni quotidiane, senza ostinarci nella frustrante e inutile ricerca di successo e gloria a vario titolo; e, soprattutto, di affetti, amicizia e amore, affinché la nostra esistenza non diventi una landa arida e desolata come quella sconfinata del deserto dei Tartari.

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